La psicologia yogica
Le Upanishad dicono:
“L’uomo è ciò che pensa“
Le scritture indiane con particolare riferimento allo Shivaismo del Kashmir*, parlano dello yoga come psicologia moderna,
sottolineando l’importanza che ha la mente nel creare la propria realtà quotidiana.
Riconoscere la Mente come energia cosmica è riconoscere l’infinita creatività dell’uomo, è comprendere di non essere vittime delle circostanze bensì potenziali creatori e modellatori di tutti i mondi, interni ed esterni, che sono parte di noi e di cui noi siamo parte.
Le scritture partono dal presupposto che la Mente sia emanazione della stessa sorgente da cui tutto nasce, la Coscienza Universale, l’Uno, Purusha in sanscrito, o Jahvè, Allah, Dio, sempre la stessa energia a cui corrispondono tanti nomi. La prima cosa che scopriamo attraverso questa affermazione è che la Mente non è qualcosa di “negativo”, non è di per sè causa dei nostri mali, bensì qualcosa da conoscere, esplorare e saper indirizzare. Solitamente si vive una condizione di “schiavitù” rispetto alla mente, quando pensieri negativi (di paura, angoscia, rabbia) si ripetono automaticamente tanto da offuscare una lettura obiettiva della realtà. La Mente invece è uno strumento potente da conoscere attraverso mezzi adeguati ed imparare ad utilizzarla al meglio del suo potenziale per uno scopo benefico.
Riconoscere la natura divina della Mente mette l’individuo in un’ottica di Amore e Rispetto, in modo da poter dialogare con essa e dirigerla verso lo scopo della vita, una piena realizzazione del potenziale fino al riconoscimento di sè come Dio, come Luce divina e Amore incondizionato. Questo processo di ri-conoscimento avviene per separazione dell’Uno in se stesso: si separa per potersi osservare, l’Uno diventa Due (l’oggetto osservato, l’intera creazione compresi noi esseri umani) così da creare uno spazio tra l’Uno e il Due, una distanza che permette al Due di ri-conoscersi come Uno (il Padre e il Figlio).
Nel percorso che la Coscienza fa per separarsi vi sono vari passaggi, dal più sottile al più grossolano, come la Luce che attraverso un prisma si separa in 7 colori (l’arcobaleno), dallo stato di luce pura si irradia attraverso il prisma in vari colori, ad esempio il colore rosso che corrisponde al corpo fisico (I chakra). Senza prendere in esame i vari passaggi, le scritture parlano ad un certo punto della formazione di Manas, la Mente, che rivolta all’esterno assume la forma degli oggetti del mondo e rivolta all’interno diventa nuovamente pura Coscienza.
Come si può governare Manas, la Mente?
Le scritture parlano delle pratiche spirituali, pratiche che l’uomo ha da sempre sperimentato come ricerca al proprio interno. La mente si identifica spesso con il corpo fisico, i pensieri e le emozioni (ad esempio “io sono arrabbiato” invece di “io ho rabbia”) così quando le emozioni sono piacevoli ci si sente felici, quando sono spiacevoli si soffre, si sperimenta così una felicità che va e viene, senza riuscire ad afferrarla e trattenerla, non vi è alcun controllo sul proprio stato interiore.
Gli yogi-psicologi della tradizione siddha dicono che anche le emozioni sono prodotti del pensiero, essendo di fatto reazioni ai pensieri e alle immagini, quindi lavorare sull’espressione e sull’analisi delle emozioni significa essenzialmente focalizzarsi su manifestazioni secondarie, per questo uno dei rimedi raccomandati per le emozioni negative sono i pensieri positivi.
La meta che gli psicologi dello yoga fissano per tutti non è altro che la realizzazione della propria essenziale divinità, la psicologia yogica classica dice che si giunge a conoscere il Sè interiore quando si pone fine al chiacchierio mentale, alle fluttuazioni della mente. E’ a quest’ unico fine che sono dirette la maggior parte delle tecniche yogiche, come la meditazione, la ripetizione del mantra** e le discipline delle differenti scuole. Una tecnica molto utilizzata è quella di assumere l’atteggiamento del Testimone, invece di pensare ai pensieri, impulsi ed emozioni le scritture suggeriscono semplicemente di osservarli come se passassero su uno schermo neutro.
Si può affermare che le tecniche di meditazione funzionano per il semplice motivo che la mente, così come si permea di collera quando si concentra su pensieri di collera, assorbe allo stesso modo le qualità di pace e libertà del Sè quando si focalizza sul Sè. Soltanto grazie alla mente si è in grado di agire nel mondo, se la mente non è in buone condizioni, non è disciplinata e moderata, si soffrirà indipendentemente da ciò che si possiede.
Una persona può essere di fronte a qualcuno, ma viene vista solo se la mente è presente, per questo si dice che la mente sia la fonte della propria esperienza del mondo. I grandi saggi che hanno spiegato lo yoga capirono che la mente assume 4 forme ciascuna con funzioni differenti:
– manas, mente piena di pensieri
– chitta, mente che contempla
– buddhi/intelletto, mente che prende decisioni
– ahamkara/ego, mente che assume il sentimento di “io”, diversifica
Le Upanishad affermano che la sede della Mente è il Cuore.
Esistono 3 nadi o canali sottili che vanno dal cuore al sahasrara (VII chakra), il centro spirituale situato sulla sommità del capo, ed è per questo che sembra che la mente sia localizzata nella testa. Tuttavia la dimora centrale della mente è il cuore e se si medita profondamente si arriva a conoscere questa realtà.
Così come la natura del fuoco è bruciare, la natura della mente è pensare e vagare tutto il tempo, e invece di pensare a se stessi come nobili, magnifici, sublimi, si pensa costantemente a se stessi come creature insignificanti e di conseguenza si diventa piccoli e meschini. In realtà la mente, che è causa di tutte le sofferenze, diventerebbe la nostra migliore amica se diventasse pura. Ad esempio uno psicoterapeuta passa tante ore al giorno parlando con persone dalla mente disturbata e se la sua mente è debole sarà influenzato dal loro stato. Per rendere forte la mente si può praticare lo Yoga, così come altre discipline spirituali. Per Yoga intendiamo la vita stessa, il respiro stesso che entra ed esce, la concentrazione che serve per compiere le azioni.. Nel secondo sutra Patanjali dice:
“lo yoga consiste nel fermare le vritti (modificazioni) della mente”
Lo yoga consiste quindi nel fermare le fluttuazioni della mente, non la mente stessa, essa è semplicemente il riflesso di qualcosa di più grande, della Coscienza universale, e le scritture invitano a fare questa esperienza attraverso varie modalità, tutte governate dalla forza vitale, il prana, che permea l’intero corpo. La mente è controllata dal prana, quando il prana smette di muoversi la mente diviene calma ed è allora che può lasciar esprimere la sua vera natura divina, attraverso intuizioni, pensieri, immagini, che provengono da una dimensione più grande e profonda, da quella saggezza che risiede nel cuore di ognuno ed è universale.
Per accedere alla fonte della nostra saggezza, le scritture parlano del movimento di una grande energia interiore che risiede dormiente nella zona del Muladhara (perineo) e va risvegliata: viene chiamata Kundalini shakti***. Quando viene risvegliata Kundalini comincia a muoversi verso l’alto lungo la Sushumna, il sottile canale centrale, perforando i chakra e dando inizio a vari processi yogici che portano alla totale purificazione e al ringiovanimento dell’intero essere. Quando Kundalini entra nel Sahasrara (il centro spirituale situato alla sommità del capo) il sè individuale si fonde nel Sè universale e raggiunge lo stato di realizzazione del Sè.
Kundalini ha un aspetto interiore ed uno esteriore: quello esteriore è il potere che fa battere il cuore, che tiene i sensi attivi, che consente al respiro di entrare ed uscire, è il potere che fa essere attivi nel mondo; quello interiore è l’aspetto spirituale, solitamente dormiente, che viene risvegliato tramite la meditazione, ovvero il movimento naturale della mente nel volgersi all’interno. Le scritture yogiche descrivono vari metodi per risvegliare questa energia, più facilmente accade attraverso il contatto con un essere la cui energia è già pienamente risvegliata, un simile essere viene chiamato Maestro, Guru (dalla radice sanscrita Gu-buio, Ru-luce – colui che porta dal buio dell’ignoranza alla luce della conoscenza). Un tale essere vive in uno stato di realizzazione del Sè e in virtù di tale stato ha il potere di risvegliare la shakti negli altri. Per questo da tutti i tempi gli uomini hanno cercato esseri illuminati per poter vivere lo stesso stato al loro interno, uno stato di consapevolezza che le scritture descrivono come Satchidananda, Sat- Essere, Chit- Coscienza, Ananda- Beatitudine suprema.
Questo è il motivo per cui le scritture dicono di rivolgere la mente all’interno e calmarla, per conoscere la grande divinità che esiste in se stessi ed in ogni cosa e vivere in estasi.
*Lo Shivaismo del Kashmir è un sistema filosofico e teologico nato nella regione del Kashmir nel VIII-XI sec. e sviluppatosi nell’ambito della tradizione tantrica non dualista.
**una interpretazione dal sanscrito, da Man-radice di manas, mente; Tra-radice di trana, liberazione. Il mantra è un inno che facilita la liberazione, l’andare oltre la mente.
***Kundalini, lett. “colei che è arrotolata”, l’energia primordiale o cosmica che risiede arrotolata nel muladhara chakra di ogni essere umano.
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